Tutti i bimbi sono angeli

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mercoledì 24 dicembre 2008

MARIA E' LA SCALA CHE PORTA AL CIELO
BUON NATALE...
“Oggi vi è nato un salvatore, che è il Cristo Signore”. Questo
annuncio, oggi è rivolto particolarmente a noi, a voi cari fratelli che
gremite questo tempietto, un annuncio che raggiunge ciascuno di voi e
spero trovi sincera accoglienza nel vostro cuore sicché abbia pace. Si tratta
di un messaggio di gioia spirituale e di speranza, nonostante tutto…
nonostante tutte le disavventure umane e gli eventi di cronaca che ci
tramortiscono. Oggi, non commemoriamo un anniversario, non ricordiamo
un fatto passato, ma viviamo un incontro attuale con colui che è il nostro
salvatore. Gesù Cristo infatti non è un’idea o una proposta morale, ma un
fatto accaduto, la nostra fede ha alla base un avvenimento, non una teoria,
il Santissimo è nato in una stalla, il Tempio di Dio si è accontentato di una
mangiatoia, il Salvatore ha avuto bisogno di una famiglia. Ecco perché
l’evangelista Luca, con riferimenti storici e geografici, ci narra con
sobrietà di linguaggio quanto è avvenuto a Betlemme, ci dice che quel Dio
che noi adoriamo nei panni di un bambino, è un Dio innamorato
dell’uomo, un innamoramento vero però, che conosce la pazienza
dell’attesa, il sacrificio, il dono di sé. Dio infatti, per sottrarre l’uomo dalle
grinfie del maligno e dalla perdizione eterna, per redimerlo dal peccato che
seduce, smarrisce e acceca, irrompe nella storia e nel tempo, si incarna,
cioè prende forma e sembianze umane, assume la precarietà. Dio si è fatto
uomo, nostro fratello… e l’uomo creatura da lui amata, diventa figlio di
Dio. Un evento che si sottrae alla razionalità umana, alle speculazioni dei
filosofi, e che si comprende alla luce della fede. Nel Natale cristiano si
ripresenta, si ri-attualizza, per così dire, la nascita di Dio, o più esattamente
l’umanizzazione dell’Eterno nel grembo di una donna, un modello di
creatura, Vergine e Madre. Dio si fa uomo perché la vita dell’uomo possa
avere un senso divino. L’incarnazione è realtà sconcertante e mirabile
davvero. Dio solidale, gioisce, soffre sino alla fine del mondo in ogni
uomo in attesa di una terra e di un cielo nuovi. Nel frattempo, come non
vedere il suo corpo straziato dalle autobombe? Come non vedere il suo
corpicino nel ventre gonfio steso per terra su una stuoia nel corpo di tanti
bimbi che muoiono per la fame? Come non vedere il suo corpo stipato nei
barconi alla deriva? Come non vedere il suo corpo schiavizzato e goduto
per denaro come merce di consumo? Come non vederlo in quei corpi tanto
belli ma abbruttiti e sciupati dalla violenza, dall’alcool, dalla droga, dalla
prostituzione, che distrugge il cervello ed ogni altra cosa? Eppure lì, in
quelle situazioni di disagio e di precarietà c’è quel Bimbo divino che è
nato e già soffre; in quelle situazioni di miseria e di pietà, si contempla
quel bimbo nella culla di Betlemme e si intravede in filigrana il sepolcro di
Gerusalemme. Il Natale infatti, ci rimanda alla Pasqua e la Pasqua si
raccorda al Natale.
San Paolo nell’epistola proclamata ci dice: “E’ apparsa la grazia di
Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini”. Egli vuol dirci che
Gesù è il regalo che Dio ci ha fatto. Non soldi, non prodotti allettanti ma
anche alienanti dell’alta tecnologia, non sogni. Egli invece ci ha fatto il
dono della sua stessa vita per amore, e l’amore vero spinge l’amante ad
amare fino a perdersi nell’amato… si dona in silenzio per una missione
nobile, si consuma per l’altro fino al sacrificio. Questa è per sommi capi la
strada percorsa da Dio. Gesù è l’amore di Dio che si offre, che continua a
proporsi lungo il nostro tragitto terreno e che dà senso alle nostre fatiche.
Egli stasera, nella tenerezza e nella semplicità, si ripresenta per ciascuno
di noi come Luce che vuole illuminarci e guidarci, luce che disperde il
buio che ottenebra i nostri cuori smarriti e confusi. Si miei cari, il buio
spesso l’abbiamo dentro, i nostri occhi si stanno abituando al buio del
peccato e alla penombra della mediocrità divenuta ormai stile di vita, in
una società nella quale brillano sempre più luci fasulle. Gesù è venuto a
fronteggiare il buio del peccato e restituire speranza al figliol prodigo.“Il
popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce: su coloro che
abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” E’ strano che Gesù nasce di
notte, viene tradito nella notte, si offre come nutrimento nella notte. A noi
qui presenti, egli si ripropone come luce per i nostri occhi, e di questa luce
abbiamo bisogno noi presbiteri, voi genitori ed educatori, voi figli
impegnati nel laborioso processo della vostra formazione, voi anziani della
comunità; abbiamo bisogno di Gesù, luce e sapienza, per discernere, per
guidare, per educare, per maturare, direi per conseguire la propria auto
realizzazione. La misericordia divina nella notte santa raggiunge ogni
uomo. E Gesù è la misericordia di Dio fatta carne. Egli è la vera vita,
quella incorruttibile, egli la verità infallibile, egli il pastore che si muove
alla ricerca del peccatore pentito, egli è quel padre che attende con ansia e
con pazienza il ritorno del figlio avventuroso e riabbracciandolo gioisce
per averlo avuto sano e salvo. Se davvero Gesù trovasse accoglienza nei
nostri cuori inquieti e turbolenti, se a lui facessimo spazio attraverso il
silenzio e la preghiera, se lo accogliessimo nella povertà, nella semplicità,
nella purezza del nostro linguaggio e dei nostri sentimenti, nella sobrietà
del nostro vivere; allora egli diverrebbe anche oggi, fonte di beatitudine, di
gioia spirituale, quella annunziata dagli angeli in quella notte di 2000 anni
or sono: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di
tutto il popolo”… gioia che ci fa riscoprire la nostra eminente dignità
dell’essere figli di Dio e tra di noi fratelli, gioia che si esperisce nel vivere
la comunione con Dio, apportatrice di giubilo e nel dono di sé reso al
fratello per amore di Dio.
Gesù si presenta a noi nei segni della debolezza, della fragilità: le
fasce, la mangiatoia, simboli di povertà, di umiltà. Egli guarda con
sospetto la ricchezza, si allontana dal potere, preferisce l’ubbidienza e non
la gloria. Chi vuole incontrare Gesù deve perciò percorrere la strada della
povertà. La strada della ricchezza e del materialismo non ci porta a Gesù.
Il Vangelo appena ascoltato, ci dice che non c’era posto nell’albergo;
anche oggi non c’è posto per alcuni popoli nella spartizione dei beni della
terra; c’è chi muore di noia, e causa morte, c’è invece chi muore realmente
di fame. L’evangelista Luca aggiunge: “lo depose in una mangiatoia”, ci
sono case bellissime, bene arredate, ma fredde e desolate; ci sono invece
case povere riscaldate dall’amore familiare. Il Natale dei cristiani
insomma, prende le debite distanze da quel potere consumistico e
tecnologico che inquina le menti e le coscienze e che logora chi non riesce
a stare al passo con i suoi tempi frenetici e rumorosi. Il Natale cristiano
celebra i valori della pace, della giustizia, del perdono, della sincerità,
dell’amore che si fa prossimo, atteggiamenti tutti che scaturiscono da una
rinascita spirituale del soggetto. Valori e attitudini, che S. Paolo ci invita a
far nostri attraverso una vita in cui “rinnegata l’empietà e i desideri
mondani, viviamo con sobrietà, giustizia, pietà in questo mondo,
nell’attesa della beata eternità”. Vivere con sobrietà, una virtù che urge
riscoprire in questi tempi dominati dalla logica del “carpe diem” nella
quale si ritrovano molti ragazzi, che, irretiti dalle sollecitazioni edonistiche
rischiano di perdersi e di smarrire il filo della propria vita: perché mai
dobbiamo controllarci, o limitarci? Perché mai rinunciare? La
spregiudicatezza, la sregolatezza,… sono dei criteri sui quali molti giovani
e adulti si misurano e purtroppo con amara constatazione si bruciano anche
e si rovinano. La sobrietà invece, modera l’attrattiva dei piaceri, la
concupiscenza della carne, le esplosioni della sensualità e ci rende capaci
di equilibrio. Papa Karol Wojla in una udienza generale del 22 nov. 1978,
ebbe a dire “la virtù della sobrietà o temperanza, garantisce ad ogni uomo
il dominio dell’io superiore sull’io inferiore. E’ questa forse
un’umiliazione del nostro corpo? oppure una menomazione? Al contrario,
questo dominio valorizza il corpo… l’uomo sobrio è colui che sa dominare
se stesso! La sobrietà è perciò indispensabile, perché l’uomo sia
pienamente uomo. Basta guardare qualcuno che, trascinato dalle sue
passioni, ne diventa vittima, rinunciando da sé all’uso della ragione (come
ad es. un alcolizzato, un drogato), e constatiamo con chiarezza che essere
uomo significa rispettare la propria dignità, e perciò, fra l’altro, farsi
guidare dalla virtù della sobrietà”.
Mi piace concludere con una considerazione di Francois Mauriac,
premio nobel per la letteratura (1952), che riassume il senso della solennità
odierna scrivendo: “Ecco davanti a noi il Natale. Un cielo, una notte, un
giorno. Un cielo per la voce di Dio, una notte per la preghiera, un giorno
per la speranza”. Alzare lo sguardo in alto, oggi più di ieri. La terra infatti
è sempre più sinonimo di precarietà. Oggi tutto sembra fragile: la pace, le
monete, i partiti, le coppie, la salute, il lavoro, la nostra stessa fede, la
personalità e il carattere dei nostri giovani. La terra, pare sempre più
incapace di offrire serenità. Le nostre sono città senza cielo, cioè senza lo
sguardo al Signore, l’uomo che si sente maggiorenne ed autosufficiente,
impegnato a vivere come se Dio non esistesse, si ritrova solo, con un
pugno di polvere tra le mani, chino sulle proprie ferite. E’ il frutto di una
felicità costruita senza il Signore. Nonostante ciò torna il Natale, non come
fiaba, ma come risposta alla miseria dell’umanità di sempre. Ma non c’è
notte senza aurora, non c’è travaglio senza nascita, non c’è semina senza
raccolto. Gesù non nasce per aumentare il coro delle lamentele, non viene
per giudicare ma per salvare. Dipende da ciascuno di noi se oggi è o non è
Natale. E’ Natale ogni volta che Dio è ospitato in un cuore e in una
famiglia; ogni volta che, sconfiggendo la noia, viene ritrovato il senso del
proprio vissuto quotidiano; è Natale ogni qualvolta si ritrova il coraggio di
morire al proprio io egoistico, peccaminoso, e con umiltà e mansuetudine
si ripercorre la strada del ritorno a casa. Non basta perciò celebrare il
Natale, occorre diventare Natale, permettendo che Gesù operi la
guarigione del mio spirito e del mio corpo. I maestri spirituali dicevano:
“Se Gesù nascesse anche mille volte a Betlemme, mai però nel tuo cuore,
tu sei vergognosamente perduto”. Ci siano di esempio i pastori e il loro
cammino. Se si vuole raggiungere la serenità e la pace, se vogliamo auto
realizzarci, occorre partire o ripartire da Cristo; è lui che dobbiamo
rimettere al centro della nostra vita. “Puer vobis natus est. Venite
adoremus”. Buon natale: rinasca Cristo nei nostri cuori.
p.a.costantino

domenica 23 novembre 2008

http://www.qumran2.net/disegni/archivio/3851.gif

Il grido del Pontefice in apertura del Tempo di Avvento:

http://digilander.libero.it/dorianobello/arielbluball7kc.gif
"Signore, dacci speranza e accorri in aiuto della tua Chiesa
Nella Basilica di San Pietro, in occasione della
celebrazione dei primi vespri dell'Avvento, sono risuonate forti le
parole del Salmo "Signore, accorri in mio aiuto!". "E' il grido - ha
commentato Benedetto XVI - di una persona che si sente in grave
pericolo, ma e' anche il grido della Chiesa fra le molteplici insidie
che la circondano, che minacciano la sua santita', quell'integrita'
irreprensibile di cui parla l'apostolo Paolo, che deve invece essere
conservata per la venuta del Signore". Per il Papa, "in questa
invocazione risuona anche il grido di tutti i giusti, di tutti coloro
che vogliono resistere al male, alle seduzioni di un benessere iniquo,
di piaceri offensivi della dignita' umana e della condizione dei
poveri". "L'Avvento - ha spiegato il Pontefice - e' per eccellenza la
stagione spirituale della speranza, e in esso la Chiesa intera e'
chiamata a diventare speranza, per se stessa e per il mondo. Tutto
l'organismo spirituale del Corpo mistico assume, per cosi' dire, il
'colore' della speranza. Tutto il popolo di Dio si rimette in cammino
attratto da questo mistero: che il nostro Dio e' 'il Dio che viene' e
ci chiama ad andargli incontro". L'annuncio della 'parusia', cioe' del
ritorno di Gesu' Cristo e', ha affermato inoltre Benedetto XVI, "una
speranza affidabile, non ingannevole". Una certezza che, ha concluso il
Santo Padre, ci mette "al riparo da qualsiasi tentazione di evasione e
di fuga dalla realtà", preservandoci "da una falsa speranza, che forse
vorrebbe entrare nell'Avvento e andare verso il Natale dimenticando la
drammaticita' della nostra esistenza personale e collettiva".


Vieni Signore Gesù in questo mondo martoriato, vieni presto in nostro aiuto!!!!


Maria Maistrini



Ecco Le Armi Celesti - Watch a funny movie here


La Preghiera a Dio Padre

I nostri occhi non lo vedono, ma l'intelligenza e il cuore sanno che esiste. Gesù ci ha rivelato il suo volto. In Gesù Dio ci viene incontro e noi possiamo ascoltarlo e parlargli. Per il credente pregare è un esigenza. La preghiera nasce dalla fede e la nutre. Chi cessa di pregare, lentamente cesserà di credere. Il cristiano alla mattina e alla sera incontra il suo Dio nella preghiera: E' lo Spirito Santo che apre il suo cuore e le sue labbra. E' bello pregare da soli, nell'intimità della propria anima, Ma è bello pregare anche insieme, in famiglia. Una famiglia che prega rimane più facilmente unita nel vincolo dell'amore e della pace. Il cristiano prega con parole di fiducia, di lode, di ringraziamento e di pentimento, che gli salgono spontaneamente dall'intimo. Ma prega anche con le formule della tradizione cristiana. Con essa si unisce a Dio e a tutti i fratelli nella fede sparsi nel mondo, che per secoli le hanno pronunciate. Il cristiano ricorda sempre l'esempio e gli 'insegnamento di Gesù sulla preghiera. "Non stancatevi di pregare. Chiedete e riceverete; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto" (Lc 11,9). "Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei Celi, ma chi fà la volontà del Padre mio" (Mt 7,21). La preghiera è un dialogo d'amore con Dio che deve continuare nella vita, vissuta come donazione. O la preghiera trasforma la vita o la vita eliminerà la preghiera. Per il credente pregare è vivere. Eglil prega perchè tutta la sua vita diventi una preghiera


. Ave Maria!Vieni a pregare con me

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Egli bussa alla porta del tuo cuore

puoi sentire la sua voce nel profondo
la pace più intensa, la gioia più grande..
Egli è per te, devi solo aprire la porta
e saprai di non essere mai solo perchè
lui avrà cura di te quando il sole
splenderà nel cielo e quando la tempesta
si scatenerà violenta sulla tua anima...

Ariel




AVE MARIA!

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PRATICHE Dl DEVOZIONE

La devozione alla Madonna è come un giardino ricco di aiuole fiorite. Ogni aiuola ha fiori belli e profumati. I colori e le forme diverse di fiori danno vaghezza d’incanto ad ogni aiuola e a tutto l’insieme del giardino.

Ogni aiuola è una pia pratica di amore alla Madonna. Ce ne sono tante! Riferirle tutte è impossibile. Ci limitiamo a quelle più importanti e più conosciute dai fedeli.


quali sono le pratiche della devozione alla Madonna?


La consacrazione a Maria
Il Santo Rosario
I cinque e i quindici sabati
Le “Tre Ave Maria”
L’Angelus Domini
La Medaglia miracolosa
Lo scapolare mariano
Il sabato a Maria
Maggio e ottobre a Maria


S. Paolo ha scritto che Dio sceglie le cose umili e deboli per confondere quelle grandi e forti (1 Cor 1,28) .

La Madonna donò la medaglia a S. Caterina Labouré, e da allora le grazie furono tali e tante, che la medaglia meritò giustamente l’appellativo di “miracolosa”.

L’amore dei Santi a questa medaglina è stato veramente grande. Portarla al collo, baciarla e ribaciarla, raccomandarla agli altri, farsene apostoli, è stato comune a Santi celebri e meno celebri.

Ricordiamo qualche esempio.

S. Caterina Labouré fu ardente propagatrice della medaglia miracolosa. Anche durante le rovine e le stragi della rivoluzione in Francia, ella curava i feriti, avvicinava soldati, parlava con persone di ogni specie: a tutti immancabilmente offriva la medaglia miracolosa quale pegno di grazia.

S. Teresina fin da piccola si rivelò ingegnosa apostola della medaglia miracolosa. C’era in casa sua una domestica incredula che non voleva sentir parlare di religione; ebbene, la piccola Teresa tanto fece che riuscì a farle prendere la medaglia miracolosa con la promessa di portarla al collo fino alla morte. In un’altra occasione, stando gli operai a far lavori in casa, la piccola Teresa si industriava a mettere la medaglia miracolosa nelle tasche delle loro giacche appese.

S. Massimiliano M. Kolbe è stato forse il massimo valorizzatore della medaglia miracolosa. Al suo vasto movimento mariano, la Milizia dell’Immacolata, egli affidò l’impegno particolare di “diffondere la medaglia miracolosa”; e tutti i membri della Milizia del l’Immacolata hanno l’obbligo di portare indosso la medaglia miracolosa.

Per S. Massimiliano le medaglie miracolose erano celesti “munizioni” e “proiettili” che fanno penetrare di forza la grazia nei cuori. Un episodio significativo gli accadde durante il ricovero nel sanatorio di Zakopane. Eccone la narrazione presa dalla sua vita: “Quando P. Kolbe si trovava a Zakopane fece la conoscenza di un certo intellettuale.

Ad ogni incontro lo pregava: “Signore, si confessi”. Ma quegli soleva rispondere: “Nulla da fare, Reverendo, la rispetto, Padre, ma non andrò a confes-sarmi; forse un’altra volta”. Dopo alcune settimane, questo signore, prima di partire, venne da P. Kolbe per accomiatarsi. Le ultime parole di P. Massimiliano furono: “Signore, vada a confessarsi...”. “La prego, Reverendo, non ho tempo, devo andare in fretta alla stazione”.

“Allora accetti almeno questa medaglia miracolosa”.

Il signore accettò per cortesia la medaglietta e si recò subito alla stazione ferroviaria. Intanto P. Massimiliano cadde in ginocchio per implorare dall’Immacolata la conversione dell’ostinato.

Oh, meraviglia! Dopo un istante qualcuno bussa alla porta ed entra il medesimo signore che aveva tanta fretta di prendere il treno. Sin dalla soglia esclama: “Padre, la prego di confessarmi””.

E chi non ricorda la conversione dell’ebreo incredulo Alfonso Ratisbonne a Roma? Ma è impossibile enumerare le grazie ottenute dalla medaglia miracolosa.

È più utile piuttosto imparare dai Santi, e particolarmente da S. Massimiliano, come industriarsi a seminare le medaglie miracolose dappertutto, regalandole direttamente alle persone o lasciandole a bella posta nei negozi, sui treni, negli uffici. Sempre fornito di queste piccole mine, quando S. Massimiliano non poteva fare altro per l’Immacolata, affidava a loro l’incarico di aprire qualche breccia nei cuori per far penetrare in tutti la Madonna.

Neppure a noi dovrebbe costare amare la medaglia miracolosa, portarla indosso, e utilizzarla come mezzo di apostolato mariano.

A volte noi ci preoccupiamo di che cosa fare per la Madonna. Ebbene, perché non fare apostolato mariano servendoci di un mezzo così semplice come la medaglia miracolosa, che può essere regalata o seminata dappertutto? Seguiamo gli esempi edificanti di S. Caterina Labouré, di S. Teresina, di S. Massimiliano Kolbe, e di molti altri Santi. Anche P. Pio da Pietrelcina aveva sempre le tasche rifornite di medaglie miracolose. Chi visita la sua cella, può veder un tavolinetto su cui c’è un pugno di medagline miracolose trovate nelle tasche di P. Pio alla sua morte.

Facciamo anche noi come i Santi.



ATTO DI CONSACRAZIONE ALL’IMMACOLATA

di S. Massimiliano M. Kolbe

O Immacolata Regina del cielo e della terra, rifugio dei peccatori e Madre nostra amorosissima, cui Dio volle affidare l’economia della Sua misericordia, ai Vostri piedi santissimi mi prostro io misero peccatore supplicandoVi di accettare tutto l’essere mio come cosa e proprietà Vostra.

A Voi, o Madre, offro tutte le facoltà dell’anima mia e del mio corpo, e nelle Vostre mani santissime rimetto la mia vita, la mia morte, la mia eternità, affinché d’ora in poi disponiate di tutto il mio essere come a Voi piace. Disponete di me, Vergine Immacolata, come volete per conseguire quello che è stato scritto di Voi: “Essa ti schiaccerà il capo”, e: “Tutte le eresie per Te sono state vinte nel mondo”.

Fate che nelle Vostre mani purissime e misericordiosissime io sia strumento adatto a farVi conoscere ed amare da tante anime tiepide e fuorviate, e accrescete così, quanto più è possibile, lo stuolo dei Vostri veri ammiratori ed amanti affinché si estenda in ogni luogo il Regno del Cuore Sacratissimo di Gesù.

Tanto farò, SS.ma Madre Immacolata, solamente col Vostro aiuto, perché dove siete Voi con la Vostra grazia, ivi soltanto si può effettuare la conversione e la santificazione delle anime, ivi soltanto si potrà stabilire il dolce Regno del Sacratissimo Cuore di Gesù. Amen.